Dio, nel suo infinito amore, ci ha creati a sua immagine e somiglianza (Genesi 1:27). Non ci ha plasmati come semplici spettatori del suo magnifico universo, ma come custodi e governatori della creazione. Ci ha affidato la responsabilità di coltivare e custodire il giardino del mondo (Genesi 2:15), un incarico che implica una posizione di autorità, di dominio responsabile, non di sottomissione passiva. Questo concetto di dominio, tuttavia, è spesso frainteso e, nel nostro mondo tecnologicamente avanzato, si è trasformato in una pericolosa dipendenza, con il nostro smartphone che, a volte, sembra detenere il potere su di noi anziché il contrario.

L’immagine di Dio in noi implica una capacità di ragionamento, di scelta e di volontà, doni che ci permettono di esercitare il nostro dominio sulla creazione con saggezza e giustizia. Il Salmo 8 celebra la grandezza di Dio e la posizione privilegiata che l’uomo occupa nel suo disegno: “Quando considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cos’è dunque l’uomo perché tu ti ricordi di lui, e il figlio dell’uomo perché tu te ne curi? Tu l’hai fatto di poco inferiore a Dio, e lo hai coronato di gloria e di onore” (Salmo 8:3-5). Questa “corona di gloria e di onore” non è un simbolo di potere assoluto e arbitrario, ma di responsabilità e di capacità di governare con saggezza.

Ma cosa accade quando questo dominio viene capovolto? Quando, invece di governare il nostro ambiente e le nostre tecnologie, diventiamo schiavi del nostro smartphone? Il tempo trascorso a scorrere i social media, a rispondere a notifiche inutili, a inseguire l’illusione di una connessione virtuale, sottrae tempo prezioso alla contemplazione degli aspetti più significativi della vita — le relazioni, la natura, la crescita spirituale. Ci ritroviamo intrappolati in un ciclo di dipendenza che ci allontana dal nostro scopo, dal nostro potenziale di crescita e, potremmo dire, dalla stessa immagine divina impressa in noi.

Il nostro telefono, uno strumento che avrebbe dovuto facilitare la comunicazione e l’accesso all’informazione, diventa un idolo che ci distrae dal culto del vero Dio. Come ammonisce Gesù in Matteo 6:24: “Nessuno può servire due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”. Possiamo estendere questo principio anche alla tecnologia: non possiamo servire con uguale devozione sia Dio sia il nostro smartphone.

Recuperare il nostro dominio richiede consapevolezza, disciplina e un ritorno alle priorità. Significa imparare a utilizzare la tecnologia come strumento, non come padrone; significa dedicare tempo alla preghiera, alla riflessione e al nutrimento della nostra relazione con Dio e con gli altri; significa coltivare la mente e lo spirito, anziché lasciarci consumare dal flusso incessante di informazioni digitali.

Dio ci ha affidato un regno, un regno che, se gestito con saggezza, può riflettere la sua gloria nella bellezza, nella giustizia e nella compassione. Non lasciamoci depredare di questa responsabilità diventando schiavi delle nostre creazioni, ma riscopriamo il nostro vero potenziale per governare la creazione, a gloria di Dio, e costruire un mondo migliore per tutti.